Osservatorio ecclesiale
Aumentano sacerdoti
diocesani, diaconi e seminaristi, diminuiscono religiosi e religiose.
In poche battute è questo il quadro
generale della Chiesa sarda che emerge dalla lettura dell'Annuario Pontificio del 1998.
Dunque, una situazione in qualche modo critica, accentuata dalla diminuzione delle
parrocchie e degli istituti di educazione.
Un insieme di dati che meritano la
riflessione non solo degli addetti ai lavori - vescovi, sacerdoti, rettori - ma anche dei
fedeli tutti, in quanto il problema vocazioni finisce per "scaricarsi" e
incidere sulla vita pastorale della comunità.
Il termine di raffronto statistico
è il 1998.
Dieci anni fa in Sardegna eravamo
1.671.501, nel 1998 c'è stato un aumento di circa seimila abitanti (1.677.980).
Se tutto fosse andato secondo logica
le parrocchie sarebbero dovute
aumentare, almeno di una unità, invece il loro numero è diminuito: si è passati infatti
da 622 di dieci anni fa a 616
dell'anno scorso.
Calo, non proprio emorragia, tra gli istituti di educazione: meno 52.
L'annuario statistico non lo precisa, ma probabilmente in questa voce vanno comprese le
classi della scuola cattolica chiuse non tanto per mancanza di utenti quanto per
l'impossibilità della famiglie di sostenere - a causa del mancato aiuto dello Stato - i
costi della scuola a pagamento.
Crescono di 11 unità gli istituti
di beneficenza passati, in dieci anni, da 173 a 184: sono le
attività del volontariato, del non profit organizzato che, fortunatamente, supplisce alle
carenze dell'organizzazione pubblica e viene incontro al bisogni primari e secondari
soprattutto degli anziani. Se il volontariato resterà tale e non si farà irretire nelle
maglie dei finanziamento pubblici, siamo di fronte a un fenomeno in grado di coniugare
apostolato e solidarietà, in un cristianesimo vissuto come vera testimonianza.
La situazione delle diocesi è rimasta immutata, almeno per
quanto riguarda il numero: 10
(227 in Italia) con altrettanti vescovi residenziali e un ausiliare con sede a Cagliari.
E aumentato il numero degli emeriti
cioè dei vescovi in pensione: 3 nel 1988, sono 5 nel '98.
Ricordiamo questi "nonni" che dopo tanti anni di prima linea sono tornati nelle
retrovie dedicando gran parte del loro tempo alla preghiera e allo studio: FRANCESCO
SPANEDDA (emerito di Oristano), GIOVANNI COGONI (lglesias), GIOVANNI PES (Alghero-Bosa),
GIOVANNI PISANU (Ozleri), GIOVANNI MELIS (Nuoro).
Uno dei dati più significativi è
quello relativo al sacerdoti diocesani. In questa voce la Sardegna registra un importante
anche se non esaltante e trionfalistico +7. I preti che nel 1988 erano 873 nel 1998 sono
risultati 880.
Una crescita del clero diocesano che
interessato anche altre regioni del sud (Basilicata e Puglia), oltre che il Lazio dove il
dato potrebbe essere falsato da Roma città, in quanto residenza di preti-studenti nelle
Università pontificie. E' quasi miracoloso il numero del clero laziale nel decennio
considerato: da 2.817 a 4.618. Crisi, invece, nelle regioni del Nord dove mancano
all'appello quasi 1700 preti.
Il dato positivo sul clero diocesano
è attenuato dalle ordinazioni sacerdotali: 8 dieci anni fa, solamente 5 nel 1998.
I conti non tornano ai sacerdoti religiosi presenti in Sardegna: 364
nell'88, ben 69 in meno un anno fa; calo confermato anche dai dati sulle ordinazioni: 3 contro 1 del 1998.
Va a gonfie vele il diaconato
permanente: da sette passato a 34 ordinati. L'aumento
considerevole, che sembra doverci essere anche in prospettiva degli aspiranti al penultimo
degli ordini sacri, richiede da parte di tutti una certa attenzione nell'ammissione degli
aspiranti al diaconato permanente. Per poter svolgere questo compito non basta
"essere uomini di sacrestia", pronti a collaborare col parroco e disponibili a
eseguirne gli ordini. Si richiede un radicamento profondo e maturo nella vita della
comunità; la capacità di farsi accogliere e di non salire in cattedra; la convinzione
che anche nella Chiesa le regole e la forma non sono tutto, soprattutto se manca il buon
senso di chi deve farle applicare. Un diacono veramente maturo è, oggi, tanto più
necessario in quanto potrebbe diventare responsabile di qualche comunità parrocchiale.
Sorriso a 32 denti per monsignor
EFISIO SPETTU, rettore del seminario regionale, che in dieci anni ha visto i seminaristi
passare da 71 a 85 e che probabilmente taglierà il traguardo del 2000 oltre quota 100.
Non cosi per religiosi e religiose.
I primi hanno perso 119 unità (attualmente 361 contro 480 del 1998 ), le seconde
addirittura 218 (da 2572 a 2254). Senza voler entrare in
profondità nelle cause del fenomeno della crisi delle vocazioni che interessa tutti,
anche chi come il seminario regionale è uscito dal buio tunnel degli anni '70;
soprattutto senza avere la pretesa di dispensare ricette facili per un problema difficile,
è evidente che le "vocazioni" si originano e maturano in famiglia e in
parrocchia: l'una al centro di poderosi attacchi sociali, culturali ed economici; l'altra
in crisi evidente. Comunque è certo: in molte comunità parrocchiali si parla poco di
vocazione e soprattutto non si è capaci di custodire, guidare, interessare, far maturare
all'ombra del campanile le nuove generazioni.: la fuga del dopo-cresima influisce anche
sul numero dei giovani che chiedono di entrare in seminario o di dedicarsi alla vita
religiosa.