MARTIRE FRANCESCO ZIRANO

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La morte del servo di Dio Francesco Zirano

Cagliari, Anonimo del primo 1700

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La schiavitù del cugino

 

E' a questo punto della sua vita che si verifica un avvenimento che sarà determinante per le sue scelte e la sua stessa vita. Suo cugino è in viaggio e, purtroppo per lui, incappa nei corsari turchi di Algeri sbarcati in Sardegna; è catturato e condotto schiavo nella loro terra. Siamo approssimativamente nel 1590.

E' una sventura: la schiavitù è penosa, avvilente, si vive tra gli stenti e le fatiche, in una realtà sociale e religiosa completamente diversa e quasi sempre ostile, avversati dagli stessi cristiani rinnegati, numerosi nella città. Quasi non si osa neppure pensare a tentativi di fuga.

 

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Bacino dei Mediterraneo occidentale, infestato dai corsari, e teatro della vita e martirio del p. Zirano.

 

Sappiamo comunque che fra Francesco Serra, sostenuto dalla fede e dalla preghiera, fa coraggio a se stesso e ai suoi compagni di sventura, tra l'altro realizzando con le sue mani quattro pale d'altare (una per ciascuna delle quattro chiese dove è permesso ai cristiani radunarsi per la messa), impara l'arabo e si adatta ad una vita di fatiche e di umiliazioni. In seguito, dopo la morte del cugino, troverà libertà e da Algeri libererà a sua volta sedici schiavi cristiani.

 

Nuova vocazione: redentore di schiavi

 

Dal canto suo, mentre passano gli anni, padre

Zirano soffre e prega per l'infelice cugino, temendo soprattutto per la sua sorte spirituale. Nel contempo svolge scrupolosamente gli incarichi che gli vengono attribuiti in comunità, tra cui quello di eco nomo e di questuante. E' di questi anni la morte di "mama Margaruza", che lo prova ancora una volta negli affetti più cari.

Il pensiero della liberazione dello sfortunato cugino non cessa di angustiarlo. Sono trascorsi circa otto anni dalla sua cattura quando giunge ad una ardita decisione: sarà egli stesso a liberarlo recandosi di persona ad Algeri.

 

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Papa Clemente VIII autorizza padre Francesco Zirano a questuare per tre anni per raccogliere i soldi dei riscatto di un cugino portato schiavo ad Algeri. (Tela di Giantore Carta, 1978)

Più facile a dirsi che a farsi. Occorre anzi tutto reperire la somma di 200 scudi necessaria per il riscatto e non è un problema da niente. A complicare la cosa una precisa clausola, secondo la quale solo i padri Mercedari di Bonaria possono, in Sardegna, questuare per la liberazione degli schiavi. Non resta che il ricorso al papa per la concessione della facoltà straordinaria di questua, ricorso che il servo di Dio si premura di presentare senza indugio e al quale riceve risposta il 19 marzo 1599. Con una lettera detta "ortatorio", Clemente VIII autorizza la questua per un triennio, invitando tutti i cristiani, laici e religiosi, a donare con generosità all'umile "... uomo di circa trentatrè anni, di bassa statura, occhi neri e barba castana, il quale mostri personalmente questa lettera". Munito di questa sorta di lasciapassare, per tre anni esatti padre Zirano percorre le strade dell'isola, incontrando tantissime persone, ricevendo offerte e dando conforto e consolazione e maturando, a contatto coi familiari di altri schiavi, l'impegno a prestarsi anche per la liberazione di essi, in una logica missionaria che si va sempre più delineando e precisando.

 

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Il servo di Dio questuante per il cugino schiavo fra Francesco Serra. (Tela di Giantore Carta, 1982)

Ormai restano da espletare solo le pratiche che potremmo definire "burocratiche": munirsi di un salvacondotto (proveniente dalle autorità di Algeri), trasferire i soldi in Africa, imparare le regole per trattare coi musulmani e con gli schiavi.

 

Partenza per l'Africa

 

Nella primavera del 1602, col cuore gonfio di trepidazione e di speranza, preparato a tutto e comunque sostenuto dalla fede e dalla carità grande per i poveri sventurati che va a liberare, padre Zirano è pronto per la partenza.

Non esiste certo la possibilità di arrivare direttamente in Africa dalla Sardegna, per cui il nostro fa tappa in Spagna dove ottiene dal re Filippo III di potersi imbarcare per Algeri con fra Matteo de Aguirre, dei frati minori osservanti di Maiorca, che però sta partendo con un progetto politico-militare di conquista che complicherà non poco il piano di riscatto di padre Zirano e influirà sulla sua stessa sorte.

L'arrivo a fine luglio in terra africana, al porticciolo di Asofon, quindi non ancora ad Algeri, coincide con un momento politico estremamente delicato. Si è infatti alla vigilia di una guerra tra lo stato di Algeri e il re di Cuco sid Amar ben Amar, sostenuto dal re di Spagna Filippo III, di cui fra Matteo è appunto ambasciatore.

 

Libera quattro schiavi

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Nel regno di Algeri Francesco zirano incontra vari schiavi cristiani, li consola,
e ne libera quattro il 27 agosto 1602, portandoli con sé alla citta di Cuco.
Tela di G. Carta, 1978

 

 

Resosi conto immediatamente della difficoltà a portare avanti le trattative, padre Francesco risolve di recarsi ad Algeri di persona, per rendersi conto delle stato delle cose. Cosi, travestito da mercante moro venditore di stoffe di lino, con un compagno che fungerà da interprete, parte dal regno di Cuco il 18 agosto. Lasciata la regione montuosa della Cabilia, in tre giorni di cammino è sotto le mura della città corsara.

Negli stessi giorni la situazione ad Algeri si fa incandescente: c'è grande apprensione per le navi spagnole intraviste presso l'isola di Ibiza; un bando emesso il 19 agosto impone ai cristiani le catene; il 24 il terribile corsaro Morat Arraez giunge in città con 200 nuovi schiavi cristiani, tra cui vari religiosi. Ultima e irrimediabile complicazione l'arresto di un rinnegato proveniente dal Cuco, addosso al quale sono trovate delle lettere scritte da fra Matteo de Aguirre, dirette sia al padre Zirano sia ad altri cristiani di Algeri. Sottoposto alla tortura l'uomo rivela che tutte le responsabilità sono da attribuire al sacerdote portoghese Salvador de la Cruz. La famosa lettera di fra Matteo si rivelerà poi per ciò che è: non un messaggio di tradimento ma l'attestazione della rinuncia a occuparsi di redenzioni. Nel frattempo però tanti cristiani vengono messi a morte barbaramente e per ultimo Salvador de la Cruz, bruciato vivo a fuoco lento la mattina del 27 agosto.

In questo accavallarsi di tragici avvenimenti, padre Zirano resta prudentemente a distanza dalla città, essendo ormai ricercato, poi se ne torna al regno di Cuco portando con sé quattro cristiani liberati nei dintorni di Algeri.

Sta per concludersi l'anno 1602 ed essendo ancora impossibilitato ad agire, padre Zirano diventa aiutante di fra Matteo. Sempre in questo periodo conosce la famiglia di un ex rinnegato cristiano originario di Tempio Pausania, Gavino Pinna con la moglie Margherita Escano e il loro figlioletto Pietro. E' fuggito da Algeri in seguito al fatti narrati, in cui pure lui era coinvolto. Gavino Pinna più tardi non tralascerà di testimoniare al re di Spagna la morte di padre Francesco Zirano da martire.