Arcidiocesi di Oristano
Oristano: Cattedrale
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STORIA E ARTE DEL MONASTERO S. CHIARA ORISTANO monete rinvenute in recenti scavi: 1. punica a. c. --- 2. aragonese(?) gettone che sostituiva la moneta ---- 3. imperatrice bizantina 6\7 sec. d.c. L'invasione de is sodraus grogus nel 1637 L'invasione che la città di Oristano subì dal 22 al 26 febbraio 1637 ad opera dei soldati francesi "is sodraus grogus" sbarcati nel golfo da una flotta di 45 navi da guerra al comando di Carlo di Lorena conte d'Harcourt e dall'Arcivescovo di Bordeaux, costrinse alla fuga anche le suore del monastero, alcune delle quali si rifugiarono a Villa Urbana, altre a Laconi da familiari fino alla cessazione del pericolo; al rientro, trovarono, come nel resto della città, la chiesa e il monastero profanati, arredi e paramenti asportati, tutti gli ambienti rovistati e suppellettili mancanti o distrutte, ma non fu tutta opera degli invasori francesi. Infatti uno storico del tempo, l'Aleo, riferisce che gli stessi subirono non meno di ottocento morti durante il tentativo di reimbarco e che lasciarono in mano dei sardi oltre a due bocche da fuoco, numerosi cannoncini, otto vessilli "quattro dei quali attualmente esposti nella cattedrale", molti prigionieri ed una parte del bottino; ma che i "miliziani" sardi liberatori avrebbero completato il saccheggio. Una tradizione orale del monastero parla anche di un sacrista infedele al quale le suore avevano affidato le chiavi del monastero e la custodia di un alto numero di scudi d'oro occultati prima di fuggire, scudi che non vennero più ritrovati. Tra le notizie riportate da un "Cabreo" (registro) del monastero risulta la donazione alla chiesa di santa Chiara di un grande retablo fatto dipingere dal ricchissimo notaio oristanese Felice Contu, del quale una nipote era monaca; detto notaio entrò poi nell'ordine dei Domenicani con il nome di fra Pietro. Altri doni per il culto eucaristico sono del marchese don Damiano Nurra... Diversi registri contengono anche immagini di santi, un acquerello del 1761 raffigura santa Chiara con ostensorio e bacolo, alle cui spalle c'è una cinta muraria con torri e campanili forse di Oristano. Per vari secoli e fino al primo novecento, oltre all'educandato (come permette la regola), il monastero ha ospitato molte nobildonne in qualità di convittrici: una di queste, la nobildonna Giuseppa Antonia Deroma, adotta va l'altare della SS. Vergine del Rimedio e donava un fondo per la manutenzione dello stesso e per la messa quotidiana perpetua, creando con l'autorizzazione del santo padre Pio IV, la cappellania; dal 1776 la festa della Madonna del Rimedio viene cosi introdotta ufficialmente nella chiesa di santa Chiara e viene tuttora celebrata. Ai primi dell'ottocento anche donna Priama Secchi contessa di Lunamatrona, visse una vita di preghiera assieme alle religiose; suo dono è l'ostensorio in filigrana d'argento per la statua di santa Chiara. Detta contessa, che morì in monastero, venne poi sepolta nella chiesa del Carmine, come riferiscono i documenti d'archivio. Nel 1855 il Parlamento Italiano approva la legge di incameramento dei beni della chiesa e anche il monastero di santa Chiara subisce la sorte di altre chiese e conventi della città: i soldati entrarono sfondando la ruota di comunicazione, saccheggiando ed asportando codici, arredi ed opere d'arte, testimonianza nei secoli particolarmente della benevolenza e della stima del popolo oristanese verso il monastero e la nostra chiesa. Di questi fatti si conserva la richiesta di perdono fatta da "Maistu Sarbadori Pani" persona comandata "da tottu sa giustizia in forma, a scardancai sa rodixedda de su reali monastefiu de santa Clara de custa cittadi de Oristanis". Il monastero messo all'asta dal governo italiano nel 1894, viene riscattato dalla monaca di santa Chiara suor Teresa Selis, presentatasi alle autorità come secolare (Nicoletta), che pagò con beni di famiglia, riscatto che le suore poi restituirono con piccoli risparmi. demolizioni per l'ampliamento del coro superiore nel 1850-53, ebbe un altro colpo nel 1923 quando la pianta, in origine ad aula rettangolare, venne fiancheggiata da cappelle e la copertura lignea, come detto ricca di ornamenti e colori, venne sostituita con la copertura in falso gotica. Demolito l'antico altare ligneo nel 1928, il 21 aprile 1929 viene consacrato un nuovo altare in marmo. Nel 1958 i resti delle figlie di santa Chiara, che dentro il monastero in santità vissero e morirono dal 1343 al 1863, pietosamente raccolti durante la pavimentazione del chiostro, vengono tumulati accanto alla cappella interna (coretto) ed una lapide ne ricorda l'evento. Il 5 ottobre 1965 da Oristano partono per Alghero otto monache per la fondazione di un nuovo monastero, in un primo tempo presso la chiesa di san Giovanni Battista, poi ultimati i lavori nel nuovo monastero, in località "Montagnese". La chiesa, che già aveva subito l'ultimo restauro nel 1984 ha riportato alla luce all'interno del nostro monastero una bellissima bifora, murata in precedenti interventi, ha anche salvato e recuperato vari ambienti che pur presentando una povera e austera nudità rivelano le eleganti forme del passato. Recenti scavi effettuati, oltre a restituire resti di ceramiche di vari periodi, hanno permesso il rinvenimento di alcune monete a partire dal periodo nuragico-punico e di tracce di fondazioni e muri che fanno ritenere il riadattamento dell'edificio all'uso. All'interno del monastero si è recuperata la ruota del trecento. La "ruota" è il diaframma che separa la clausura dall'esterno, dietro la quale una suora, la rotara, riceve ogni giorno la carità dei benefattori, richieste di preghiere, offerte per sante Messe, le loro confidenze e richieste di consigli, che ricambia con la carità dell'ascolto, il dono di una immagine, il ricordo nella preghiera. La continuità è espressa anche nelle più piccole cose: le umili brocchette per l'acqua, tuttora in uso nel monastero, sono copie di quelle usate molti secoli fa.
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